Fiabe e poesie - Fondazione Banca degli Occhi Lions Melvin Jones

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Poesie

Fiabe e poesie

Gli Occhi del Principe

Nel palazzo si era fatta gran festa quando era nato il piccolo principe.  Biondo con grandi occhi azzurri, “proprio una meraviglia” dicevano le balie.  Ed era stata una vera tragedia quando si erano accorti che i suoi begli occhi non vedevano. Tutti i più grandi medici del regno erano stati consultati , ma inutilmente : il bambino era completamente cieco.

 

Cresciuto, correva nel grande parco che circondava il palazzo scansando con abilità gli ostacoli che gli si paravano davanti, bastava sfiorasse con le dita un fiore o una pianta per riconoscerli subito. “E’ come se vedesse!” dicevano stupiti coloro che lo sorvegliavano.   
La madre  si asciugava una lacrima, il padre fingeva un colpo di tosse per mascherare un singhiozzo.

 

Il bambino in effetti era strano e a volte quasi magico, si sentiva sussurrare in giro.  Bastava sfiorasse la mano di chi gli si avvicinava per capire se quello provava dolore, se aveva una pena, se era buono o crudele, se onesto o con cattive intenzioni.

Una volta aveva sventato persino un attentano al re suo padre, aggrappandosi al braccio dell’attentatore per non lasciarlo fuggire  e facendolo subito arrestare.  Era molto amato perché gentile e generoso e anche un po’ temuto perché considerato portatore di qualcosa che la gente non capiva. 

 

Il giorno in cui raggiunse la maggiore età, andò dal re e sedutosi ai piedi del trono gli disse: “Caro padre, qui per quanto bene mi vogliate voi e i vostri sudditi, mi sento un diverso, anzi, tutte le vostre attenzioni mi danno maggiormente questa sensazione. Ho deciso di andare per il mondo a cercare quelli che come me non vedono e di vivere in mezzo a loro. Ho anche fatto uno strano sogno di un luogo dove è possibile…..non ho capito bene cosa, ma so che devo trovarlo.  Non tentate di fermarmi, ormai ho deciso.”

I genitori addolorati dovettero lasciarlo partire ottenendo solo portasse con sé un valletto, suo compagno di giochi nell’infanzia.  In qualsiasi villaggio giungessero trovavano molti che non vedevano e li convincevano a seguirli con la speranza di trovare  quel magico luogo che il principe aveva sognato e che sentiva necessario.

 

Erano ormai in molti che camminavano dietro di loro ma cominciavano ad essere stanchi e sfiduciati, sinché in un luminoso mattino con il sole che sentivano caldo sul viso, giunsero davanti ad un castello e il principe si fermò: sentiva che erano arrivati.
Le porte erano spalancate, guidati dal valletto entrarono in un gigantesco atrio. Una voce dette loro il benvenuto.  Cavalieri dalle armature bianche li presero per mano e li condussero verso un rigoglioso giardino.  Si arrestarono un attimo al grido del valletto “ma che meravigliosi fiori, hanno tar i petali occhi, occhi bellissimi di tanti colori!”.

I cavalieri bianchi li condussero verso morbidi letti di fresca erba e con delicatezza li aiutarono a stendersi. Il principe sentì dita leggere  che gli accarezzavano le palpebre , poi qualcosa di fresco e profumato posarglisi sopra. E subito si addormentò.

 

Si svegliò al tocco leggero di una mano, aprì gli occhi e vide il viso sorridente del suo amico. Non ebbe subito la forza di muoversi, lo fece solo quando senti gli “oh!” di meraviglia levarsi da tutti i letti. Per la prima volta vedevano un meraviglioso giardino, un cielo indescrivibilmente azzurro dove brillava trionfante il sole!  
Quando uscirono dal castello salutati dalle bianche figure, si voltarono un’ultima volta e in alto trai merli della torre videro un grande stendardo con nel centro la scritta in oro

BANCA DEGLI OCCHI

 

“Questo era il mio sogno!” gridò il principe. I suoi stupendi occhi azzurri ora sfavillavano di vita. Sentiva che un giorno avrebbe restituito lì quanto era stato loro donato.

 

Una fiaba per la Banca degli Occhi  di Licia Oddino

 

 

Da me a te

Per me chiedo solo silenzio.

Quel silenzio quieto

che cullava i miei sogni

che non saranno più,

e le speranze che svaniranno

lente nella sera.

Sembrava un gioco la promessa

di un dono grande da offrire:

a chi, quando, perché?

Ora è giunto il momento;

ed ho incontrato te, sconosciuto

all’ incrocio della mia vita

nata forse per quest’ora.

Sono nel buio

eppure già una luce mi giunge

e il tuo pianto.

Ecco ti aiuto,

ed insieme con il dono

e la forza che torna rinnovata

riscopri il senso pieno della vita

e ritorna felice sotto il sole.

 

Rossella Nocera, Liceo-Ginnasio A. D’ Oria
Giornate Nazionali Per la Donazione e Trapianto di Organi
Genova, 7- 14 Aprile 2002

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